I punti chiaveAscolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaRischi di credito stabili nei 200 mercati al centro della ricognizione. Mentre si fanno più intensi i rischi politici e gli eventi climatici dispiegano effetti dirompenti. È questo il messaggio che arriva dalla Mappa dei Rischi 2023 di Sace presentata oggi, giovedì 9 febbraio, nel corso dell’evento streaming “Stabile fragilità. Le vie della crescita sostenibile” dall’amministratrice delegata del gruppo, Alessandra Ricci, affiancata dal chief economist Alessandro Terzulli che, come ogni anno, ha curato l’aggiornamento del mappamondo interattivo on line in cui sono delineati i profili di rischio per le imprese che esportano in 200 mercati esteri grazie a un set di indicatori che include anche l’analisi degli aspetti di sostenibilità in collaborazione con la Fondazione Enel.Ricci: strumento indispensabile per una crescita competitiva«Strumenti come la nostra mappa dei rischi sono oggi più che mai indispensabili alle imprese italiane per continuare a crescere sui mercati in maniera competitiva, sana e sostenibile – commenta la numero uno del gruppo Ricci -. I rischi del credito, politici e climatici dialogano tra loro e vanno letti in maniera integrata, ma emerge con forza il messaggio che sostenibilità e transizione sono priorità imprescindibili su cui investire per sviluppare resilienza e costruire vie di crescita futura per le aziende e per il nostro PaeseLoading…Terzulli: sostanziale stabilità dei rischi di credito globali«La Mappa dei Rischi 2023 evidenzia una generale stabilità del quadro dei rischi del credito globali, senza mostrare tuttavia l’auspicata inversione di tendenza dopo i marcati incrementi dello scorso anno – spiega il chief economist Terzulli -. Se da un lato questa stabilità è una buona notizia perché, nonostante le circostanze geopolitiche avverse, le principali economie sono riuscite a mantenere un livello di rischio relativamente immutato, dall’altro rappresenta un’occasione persa per quelle geografie che hanno beneficiato di ampi supporti finanziari. Peggiorano i rischi politici in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica; peggiorano i rischi climatici, migliorano gli indicatori di transizione energetica».Il check sul rischio di creditoMa vediamo il quadro che emerge dalla mappa 2023, a partire dal rischio di credito quando la controparte estera (sovrana, bancaria o corporate) non è in grado o non è disposta a onorare le obbligazioni derivanti da un contratto commerciale o finanziario. Dei 194 Paesi analizzati, in 57 diminuisce il livello di rischio, 72 Paesi restano stabili, mentre in 65 aumenta. Le principali geografie avanzate presentano un profilo creditizio invariato con una crescita in rallentamento e conti pubblici frenati dai sostegni garantiti a famiglie e imprese prima per l’impatto del Covid e poi per il caro energia. In Medio Oriente, le geografie produttrici di commodity dell’energia hanno registrato un immediato beneficio dall’aumento dei prezzi, con ricadute positive sulle finanze pubbliche, come Arabia Saudita Emirati Arabi Uniti e Oman. In Africa, invece, si registra un sostanziale peggioramento, dall’Egitto al Ghana. Come per l’Europa emergente e Csi che risentono degli impatti della guerra. In Asia il progressivo consolidamento fiscale e una robusta crescita economica posizionano l’India (60) tra i best performer dei principali mercati globali, garantendole un miglioramento. Ma migliorano anche Vietnam e Taiwan. Nuova Delhi, inserita nel Rapporto Export 2022 tra le economie dinamiche per l’export italiano di beni e con cui la Ue ha in corso negoziazioni per il raggiungimento di un accordo di libero scambio, prosegue con politiche di sviluppo infrastrutturali. Migliorano Vietnam (67) e Taiwan- In America Latina proseguono con una buona performance di crescita Brasile e Messico. E anche l’Argentina vede un miglioramento della propria dinamica debitoria insieme a Portorico e Belize.Il rischio politico: opportunità e fronti criticiSul fronte del rischio politico, gli indicatori – che includono i rischi di guerra, disordini civili e violenza politica, i rischi di esproprio e di violazioni contrattuali e i rischi di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari – fotografano un peggioramento in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica. Dei 194 Paesi analizzati, 35 migliorano, 71 sono stabili e 88 peggiorano. Nell’Europa emergente e CSI, il conflitto ha aumentato il rischio in Russia, Bielorussia, nell’Est d’Europa e nella regione del CSI e ha contribuito a riacutizzare anche tutte quelle tensioni già presenti in Kosovo, Serbia, Moldavia, Bosnia, Azerbaijan e Armenia o ad aumentare il dissenso verso regimi come in Turkmenistan e in Kazakistan. In Africa, si vedono gli effetti della mancanza di materie prime alimentari e delle proteste sociali come in Tunisia, Egitto e Nigeria. In altri Paesi il peggioramento è legato a conflitti già presenti sul territorio. È il caso di molti Paesi dell’Africa Subsahariana dove negli ultimi due anni si è assistito a diversi colpi di stato come in Ciad, Guinea, Mali e Burkina Faso. E ancora, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Rwanda. In peggioramento anche il Sudafrica, mentre migliora l’Algeria. E migliorano anche le economie del Golfo (Eau, Arabia Saudita e Oman), mentre in America Latina si fanno sentire le disuguaglianze sociali e territoriali alimentate da rivolte che, nel caso di Paesi come la Colombia, il Brasile e il Perù, non sembrano destinate a rientrare a breve. Quadro relativamente stabile, invece in Asia, ma non vanno trascurate le tensioni tra Cina e Taiwan.