Intervista al presidente di Confapi Napoli, Raffaele Marrone: «Come privati stiamo facendo tanto ma nello stesso tempo la parte pubblica non ci accompagna»
di Gennaro Acunzo
Guerra, rincari, crisi, inflazione, Pnrr. Sono anni tribolati per il tessuto delle piccole e medie imprese italiane, che dopo la pandemia Covid si sono trovate a dover affrontare nuovi problemi. E, soprattutto, a far fronte alle sfide imposte dalla digitalizzazione crescente, dai mercati esteri che vanno ad una velocità diversa; mentre, all’interno, l’atavica lentezza burocratica italiana e un vecchio modo di approcciarsi al mondo del lavoro non sono affatto d’aiuto, tutt’altro. Raffaele Marrone, presidente della Confapi Napoli, ha pochi dubbi al riguardo: il nostro Paese sconta un ritardo enorme rispetto al resto dell’Europa, ed al Sud la situazione è tutt’altro che rosea.
Qual è l’impatto che sta avendo e che può ancora avere il Pnrr sul mondo delle piccole e medie imprese, in particolare a Napoli?
«I fondi del Pnrr, se investiti bene, possono consentire fare un rilancio all’Italia ed ai vari settori imprenditoriali. La problematica del Pnrr, come stiamo sentendo in giro, è riuscire a investire velocemente nei territori, ma la burocrazia italiana sta causando un rallentamento. Per non parlare delle obsolete pubbliche amministrazioni, che non hanno avuto un ricambio generazionale, e negli organici ci sono troppe assenze per poter seguire in tempi rapidi progetti così importanti. Il dato oggi sembra difficile da gestire, e da avere buon risultato: sicuramente è un’occasione per l’Italia, Napoli e la Campania, per fare passi in avanti nelle tecnologie e nello sviluppo infrastrutturale».
I ritardi dell’Italia e del Sud
Un ritardo che è anche figlio del sistema paese Italia, ancorato a vecchi schemi.
«Il sistema paese Italia è un problema, e il Sud va ancora più a rilento del resto del paese. Scontiamo la mancanza di cultura digitale, il lentissimo ricambio generazionale, di conseguenza non si riescono a immettere nel territorio dei servizi che consentano di recuperare questi ritardi. Il territorio napoletano sta rispondendo come può, anche grazie al boom turistico che stiamo avendo, stiamo cercando anche di raccontare il territorio in maniera diversa. Ma ci sono tante cose da poter recuperare, se pensiamo alla sostenibilità, al digitale, per non parlare di ciò di cui si parla in altre parti del mondo, come l’intelligenza artificiale. Noi siamo molto lontani da queste prospettive».
Si è parlato tanto di crisi energetica: qual è la fotografia attuale da questo punto di vista, e quali prospettive ci sono?
«Quello della crisi energetica è stato uno dei problemi che abbiamo vissuto in quest’anno, causa guerra e anche altre problematiche. Come Italia, dobbiamo riuscire a prevedere e rispondere a queste situazioni che danneggiano cittadini e imprenditori, quindi, non dobbiamo fermarci a pensare a come trovare soluzioni quando nascono queste problematiche. Come Confapi, stiamo cercando di portare avanti tema delle comunità energetiche industriali, per far fronte e prevenire futuri problemi, per creare sostenibilità nelle aziende e far fronte a rincari che possono solo danneggiare le economie e lo sviluppo delle nostre realtà».
Sostenibilità di cui si fa un gran parlare al giorno d’oggi, ma la realtà forse è diversa.
«La sostenibilità è una tematica molto complicata, se pensiamo che solo in Europa si stia muovendo un certo orientamento in questi anni: sicuramente è un obiettivo a cui guardare, bisogna far capire che si tratta di un beneficio per la nostra realtà, fare impresa in un nuovo modo per un futuro migliore. Noi come privati stiamo facendo tanto, siamo molto attenti anche sulla spinta della questione energetica, ma nello stesso tempo la parte pubblica non ci accompagna come dovrebbe e non è di supporto ma di danno al riguardo».
Il sostegno di Confapi e il futuro
Due problemi atavici, e forse impattanti come mai in quest’ultimo periodo: l’aumento del costo delle materie prime e l’inflazione. Come sta reagendo il mondo della Pmi italiana, e soprattutto al Sud.
«I rincari si stanno un po’ assestando, sperando che si continui si questa strada, la problematica guerra è stata metabolizzata, i mercati hanno fatto fronte a questo problema di aumento dei costi. Sull’inflazione, le banche ormai hanno incrementato tassi interesse, ed è complicato prevedere come affrontare la questione finanziaria in modo diverso. Le spese rappresentano un ulteriore danno alle imprese: noi come Confapi stiamo cercando di portare alcune agevolazioni di supporto alle imprese, come la legge Sabatini e altri benefit che il Governo mette a disposizione».
Lei hai detto che l’Italia ha bisogno di un piano industriale per uscire dalla crisi: ci può riassumere questa idea?
«Si tratta di una mia visione: l’Italia dovrebbe programmare l’indirizzo che si vuole dare, per puntare a innovazione, crescita nazionale. Non può pensare di affrontare i problemi alla giornata. Dobbiamo capire il mondo del lavoro dove sta andando: mancano molti dipendenti, le aziende hanno difficoltà a trovare figure. Dobbiamo avere un piano ben definito, che non deve limitarsi a un anno ma deve avere una visione molto più lunga e lungimirante, che si raccordi con i vari mandati governativi, o che duri almeno una Legislatura. Anche i cambi di governo rappresentano un problema, con le varie linee politiche. L’Italia ha bisogno di un qualcosa che abbia un percorso comune a prescindere dai colori politici, che guardi al mondo del lavoro, all’innovazione, che crei nuove figure professionali, che copra i ruoli che mancano nelle nostre aziende. Questo necessita di una progettualità di lungo corso, non va risolto alla giornata. Per non parlare di altre problematiche: internazionalizzazione, sviluppo, start-up, nuove realtà. Non possiamo pensare di risolvere e far nascere nuove realtà senza creare un humus che possa rendere il nostro territorio attrattivo sia per i nostri giovani che per le aziende estere».