Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaA poche ore dal Consiglio europeo straordinario sul dossier migranti, che si terrà a Bruxelles il 9 e 10 febbraio e che dovrebbe puntare su un rilancio della strategia dei rimpatri – «è necessaria un’azione rapida per assicurare rimpatri effettivi, dall’Ue e dai Paesi terzi lungo le rotte, verso i Paesi di origine, utilizzando come leva tutte le politiche, gli strumenti e i mezzi pertinenti», si legge nella bozza delle conclusioni del vertice, che in queste ore è all’esame degli ambasciatori dei 27 – un report della Fondazione Leone Moressa mette in evidenza che, se è vero che questa soluzione negli ultimi anni è stata un punto critico della politica migratoria italiana, il 2022 ha registrato quella che potrebbe essere a tutti gli effetti un’inversione di tendenza. Ma il condizionale, osserva ancora la Fondazione, è d’obbligo.I rimpatri scontano storicamente le difficoltà legate ai costi (l’ordine di rimpatrio non è sufficiente, per cui è necessario “accompagnare” fisicamente la persona) e alla scarsa collaborazione dei Paesi d’origine. Su questa linea, il primo Decreto flussi pubblicato dal Governo Meloni ha riservato una quota – 6.000 ingressi su oltre 80.000 complessivi – a quei Paesi che stipuleranno accordi con l’Italia in materia di flussi migratori.Loading…RIMPATRI DALL’ITALIA, TREND 2022Loading…Nel 2022 inversione di tendenza rispetto al passato: riprendono gli ordini di rimpatrio«Il trend dei rimpatri nel 2022 (dati relativi ai primi tre trimestri dell’anno) – si legge infatti in un report della Fondazione Leone Moressa – evidenzia una ripresa nel numero complessivo, segno che la contrazione del 2020 e 2021 era dipesa principalmente dalle restrizioni anti-Covid. In particolare, è evidente la ripresa degli ordini di rimpatrio (già dal secondo trimestre) e quella dei rimpatri effettivi, a partire dal terzo. Al mese di settembre, dunque, i rimpatri dell’anno sono stati già oltre 8 mila, cifra mai registrata in Italia nemmeno in un anno. Tuttavia – osserva ancora la Fondazione – bisognerà verificare se questo incremento dipende – come sembra – dalla gestione delle pratiche rimaste bloccate per la pandemia, o se si tratta di una vera e propria inversione di tendenza».Rimpatri nodo storico Storicamente l’Italia ha manifestato difficoltà nel mettere in pratica i rimpatri. «Considerando le richieste d’asilo respinte (357 mila negli ultimi nove anni) e gli immigrati irregolari stimati sul territorio (519 mila nel 2021, secondo i dati Fondazione ISMU), ci si potrebbe aspettare numeri notevoli riguardo i rimpatri», osserva la Fondazione Leone Moressa. E invece: «Dal 2013 al 2021 sono stati emessi circa 230 mila ordini di rimpatrio ma, di questi, solo 44 mila sono stati poi effettuati (meno di un quinto del totale).In particolare, nel 2020 e 2021 il numero di rimpatri si è ridotto ulteriormente, probabilmente anche a causa delle restrizioni dovute alla pandemia. Tuttavia, anche negli anni precedenti il numero di rimpatri ha sempre oscillato attorno a quota 6 mila». Tra i rimpatri non rientrano solo i richiedenti asilo che hanno subito una valutazione negativa, ma anche quei cittadini individuati sul territorio senza titolo di soggiorno.«Le nazionalità dei cittadini rimpatriati – si legge ancora nell’indagine – riflettono in parte le nazionalità dei migranti sbarcati (Tunisia, Nigeria), la cui richiesta d’asilo è stata respinta, ma anche nazionalità storicamente radicate in Italia quali Albania, Marocco, Ucraina. Si tratta in questi casi, con ogni probabilità, di persone entrate legalmente in Italia (con permesso temporaneo o visto turistico) ma poi rimaste sul territorio dopo la scadenza del titolo di soggiorno (c.d. overstayers)».