Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIl dato più forte, che fa riflettere e rassicura per gli anni a venire, è il consolidamento nel tempo della crescita: guardando gli ultimi dieci anni di attività, dal 2014 al 2024, quello che si delinea è un quadro di «stabile ripresa», che non è dunque frutto di una congiuntura favorevole, ma il risultato di tanti piccoli fattori messi a sistema in questi anni.Una crescita duratura nel tempo«A partire dalla legge Bray del 2014, per il risanamento delle fondazioni liriche, che ha fatto il suo lavoro – osserva Francesco Giambrone, sovrintendente dell’Opera di Roma -: da dieci anni il teatro chiude il bilancio in attivo e, grazie all’ulteriore incremento dell’ultimo biennio, abbiamo raggiunto risultati mai registrati nel decennio precedente». E poi ci sono le scelte strategiche portate avanti dal teatro, che si è progressivamente aperto alla città, attraverso progetti di diffusione della cultura lirica su tutto il territorio, fino alle periferie, e che ha investito per ampliare il proprio pubblico tradizionale, con formule di ingresso dedicate ai giovani under 35 (arrivati a rappresentare oltre il 30% degli spettatori complessivi), attività per i bambini, e iniziative di promozione per intercettare anche i tanti turisti che ogni anno visitano la capitale.Loading…Risultati oltre i dati pre-pandemiaNon solo dunque il teatro lirico romano si è ripreso dopo il pesante colpo inflitto dalla pandemia a tutto il settore, ma si appresta inoltre a chiudere un 2024 con risultati record per quanto riguarda il numero di spettatori e le percentuali di riempimento della sala, gli incassi da biglietteria e le fonti di autofinanziamento (compresi i contributi dei privati), il pubblico di giovani, quello di turisti e gli abbonamenti.«Vediamo dunque una situazione di positività sia nella visione allargata sulla serie storica dei risultati, sia nello sguardo più ristretto sugli ultimi due anni e questo ci dà grande soddisfazione», aggiunge Giambrone. Nel dettaglio, con circa 278mila spettatori stimati (contro i 256mila del 2023), quest’anno l’Opera di Roma supererà il record segnato nel 2019 (265.700), dopo aver toccato i minimi nel 2020 e 2021 (circa 68mila e 66mila). I ricavi da biglietteria superano quest’anno i 14,3 milioni di euro, contro i 12,1 dello scorso anno e – anche qui – segnando un nuovo massimo storico dopo quello del 2019 (13,7 milioni). Le fonti di autofinanziamento (che oltre agli incassi comprendono anche i contributi dei privati, saliti da 1,1 milioni nel 2014 a 2,9 milioni nel 2023, e proventi da altre attività) sono aumentate da 11,4 milioni dieci anni fa a 19,6 milioni nel 2023.In aumento il «tasso di riempimento» del teatro Ma «il numero dei numeri», secondo Giambrone, è quello che riguarda il tasso di riempimento della sala, che dall’83,3% del 2023 è passato al 90% nel 2024, con punte del 100% per opere come Il flauto magico. «Non è una percentuale facile da raggiungere, soprattutto nel caso di titoli meno celebri e non di repertorio, come il Giulio Cesare di Händel, che ha registrato un tasso del 95%, o la Salome di Richard Strauss, con il 96%, due spettacoli proposti nella visione di registi d’avanguardia, come Damiano Michieletto e Barrie Kosky». Colpisce, inoltre, l’87% raggiunto dal Peter Grimes di Britten: «La stagione che si chiude, così come quella che inaugurerà il prossimo 27 novembre, abbraccia la musica dal barocco al contemporaneo – dice Giambrone -. Inoltre, investiamo molto sulla qualità della programmazione, puntando su produzioni di grande impatto sia musicale, sia registico e credo che questo sia uno dei fattori che ci hanno permesso di aumentare il numero di spettatori e intercettare anche un nuovo pubblico».