MATTIA CORRENTE, ”LA FUGA DI ANNA” (SELLERIO, PP. 254 – 16,00 EURO). ”Sarò infelice tutta la vita” è la perentoria affermazione di Anna Mazzone al momento del suo matrimonio con Severino, che ha tentato di far saltare ribellandosi in ogni modo a convenzioni e tradizioni, quando si sente ”avviticchiata nella morsa del vestito da sposa”. Molti anni dopo, una sera, detto al marito che deve finire di lavare i piatti, poi non lo raggiunge, ma sparisce nel nulla, senza lasciare alcun messaggio. Un po’ come fece a suo tempo suo padre, rovinando la vita a lei e alla madre lasciate sole. ”Guardami Anna” è allora l’invito che Severino le rivolge dando inizio alla narrazione, parlando a lei oramai assente da un anno, come ad avvisarla, avendo deciso di andarla a cercare, di abbandonare la casa e l’isola su cui erano sempre vissuti, Stromboli, con l’idea di ripartire dal loro paese natale, Librizzi, luogo anche di antiche costrizioni e abitudini confluite in quelle nozze di rabbia e dispetti, ma che avevano dato poi origine a una lunga vita a due e alla nascita vissuta con scetticismo e poi con grande amore di un figlio, Antonio, oramai grande e con una sua esistenza indipendente. Il viaggio di Severino è un viaggio sul filo della memoria e del vissuto, con un luogo, delle persone, che rimanda a un altro, a altre in un gioco di sorprese, scoperte, riemergere di cose belle e brutte, comunque di vita con tutta la confusione che questa porta con sé e gli inevitabili dolori, a cominciare dalla ferita aperta e sempre rimasta così viva dalla scomparsa del padre di Anna. E’ un viaggio che finisce per cercar di capire cosa sia la libertà e quanto possa costare, come quella che è la scelta positiva di qualcuno, diventi dolore per qualcun’altro, ma la forza di uscire, rompere gli schemi e le convenzioni per poter scegliere il proprio futuro è l’unica possibilità di trovare e essere se stessi, e quindi salvarsi. Come dice Peppe, il padre di Anna: ”Ci vuole coraggio, a scappare e non tornare più e a provare ad essere un altro mentre sei ancora in vita”. Mattia Corrente, siciliano qui al suo primo romanzo non superficiale e di piacevole lettura: una bella storia costruita a tre voci strutturandola con buona abilità in un avanti e indietro tra luoghi e persone, tra il presente della ricerca di Severino e il passato, loro, della famiglia di Anna, di amici e parenti, tutto con una lingua pulita e solo qualche parola, qualche intercalare siciliano, a dare un segno incisivo e un suono evocativo alla narrazione, che pure vive il suo svolgersi salvifico e doloroso di sorpresa in sorpresa con occhio bonario e attento anche al lato buffo dell’istintività popolare. Affiorano così vari aspetti, quasi livelli del racconto, dalla condizione della donna in una società arcaica all’attenzione al doppio introdotto dalla figura di Nina, gemella di Anna, che è indagine sull’identità di ognuno, quasi un puzzle di cui ritrovare i pezzi nascosti dal tempo per cercare di ricostruirne una parte, mai comunque univoca. La vita infatti finisce per essere una serie di rifiuti e fughe da quella di Peppe che abbandona Serafina e si rifugia su un’isola, bruciando i vestiti come a carbonizzare il proprio passato, sino al figlio Antonio che lascia la madre attaccatissima a lui e lei, che con la maternità ha avuto un rapporto non facile, segnata da un aborto e dall’aver rifiutato di adottare il figlio dell’amica Patrizia, raggiunta una certa età, ripete il meccanismo familiare e si sente libera di lasciare Severino, che anche lui brucerà i propri vestiti per andare a cercarla. E Severino in questo viaggio in avanti e a ritroso, ritroverà anche se stesso. Un libro fatto di piccole sorprese, di tante tappe tra Stromboli, Siracusa, Tindari, Messina, e incontri e con quel ”Guardami Anna” (Anna che nel presente del racconto non compare, non c’è più) che dalla prima riga torna nell’ultima del romanzo, dove troviamo sempre una valigia, ché la vita è un viaggio e solo in viaggio si scopre qualcosa che vale la pena di vivere e di leggere. (ANSA).