In Ungheria “non ci sono le condizioni minime per un processo equo”. Lo sottolinea l’eurodeputata di Avs (The Left) Ilaria Salis, in conferenza stampa a Strasburgo. L’Ungheria ha chiesto al Parlamento europeo di rimuovere l’immunità parlamentare di Salis.
“Mi auguro vivamente che il Parlamento Europeo decida di difendere lo Stato di diritto, decida di difendere i diritti umani e di non piegarsi alle prepotenze della democrazia illiberale di Viktor Orban”, dice Salis, che aggiunge di non saper “dire” se ci sia effettivamente il rischio che il Parlamento europeo le revochi l’immunità parlamentare, rimandandola ad essere processata in un Paese che l’ha condotta in Aula ammanettata e al guinzaglio, ma “sta di fatto che comunque la richiesta da Budapest è arrivata. Dovrà essere trattata all’interno del Parlamento, seguendo tutte le procedure standard che si seguono in questi casi”. La richiesta dell’Ungheria verrà esaminata dalla commissione Juri, seguendo un iter che prenderà “qualche mese”.
I mesi in carcere
Nella prima parte degli oltre “15 mesi” trascorsi in custodia cautelare nelle carceri ungheresi, Ilaria Salis è stata sottoposta alla “tortura bianca”, una tecnica di tortura psicologica che mira alla completa deprivazione sensoriale e all’isolamento del detenuto, particolarmente in voga in Iran, denuncia la stessa eurodeputata. “Io sono stata arrestata l’11 febbraio 2023 a Budapest – ricostruisce Salis – durante una retata della polizia, in occasione delle manifestazioni antifasciste contro la Giornata dell’onore. La Giornata dell’onore è una vergognosa commemorazione, dove ogni anno si radunano migliaia di neonazisti provenienti da tutta Europa”. Il governo ungherese, continua Salis, “non solo non impedisce un evento del genere, ma anzi contribuisce a sostenerlo, a finanziarlo con soldi pubblici. Io sono stata tirata giù da un taxi, ammanettata, senza nessuna reazione, e poi sono stata accusata in modo arbitrario di fatti avvenuti nei giorni precedenti, rispetto ai quali io sono innocente, come ho sempre dichiarato. Non ci sono prove contro di me. Non sono stata riconosciuta tra gli aggressori né dalle vittime, né dai testimoni. Tuttavia, sono stata detenuta in custodia cautelare in carcere in Ungheria per oltre 15 mesi, in condizioni detentive disumane e degradanti, che sono state anche oggetto di interrogazioni parlamentari, sia qui presso il Parlamento europeo che presso il Parlamento italiano”.
“Nei primi mesi – continua Salis – sono stata confinata, in condizioni igieniche raccapriccianti, in isolamento prolungato. Non ho avuto la possibilità di comunicare, neanche con la mia famiglia, per più di sei mesi. Sono stata sottoposta a ripetuti interrogatori, che miravano a fabbricare una confessione. Per tutto il periodo l’alimentazione, i prodotti igienici sono sempre stati carenti. Sono stata chiusa in cella per 23 ore al giorno. Ero in una condizione che si configura come tortura bianca. Il periodo di carcerazione cautelare è stato molto lungo e molto pesante per me. Tuttora sono esposta a un rischio enorme: rischio una pena enorme, fino a 24 anni di carcere duro”. Si tratta, osserva Salis, di “una pena assolutamente sproporzionata rispetto ai presunti reati, in un Paese dove non ci sono le condizioni minime per un processo equo. Io sono stata condotta con mani e piedi incatenati, tenuta al guinzaglio, di fronte al giudice all’udienza del processo. Un trattamento del genere, oltre ad essere umiliante, rischia anche di influenzare negativamente il giudice. Quelle immagini, per fortuna, hanno suscitato un’ondata di indignazione quasi senza precedenti nel mio Paese. Anche la Commissione Europea, in una risposta scritta a un’interrogazione parlamentare sul mio caso, ha ribadito l’importanza del principio di presunzione di innocenza”. La Commissione, continua l’eurodeputata, “ha fatto riferimento a una direttiva europea, che vieta di presentare gli imputati come colpevoli in Tribunale attraverso l’utilizzo di strumenti di coercizione come le catene. Ricordo che l’Ungheria è stata ripetutamente richiamata e sanzionata dalle autorità europee per violazioni dello Stato di diritto, riguardanti, tra le altre cose, anche l’indipendenza della magistratura e i diritti umani. Dal 2018 l’Ungheria è sottoposta ad una procedura, ancora in corso, ex articolo 7 del Teu, per il rischio di violazione dei valori fondamentali dell’Unione”.
“Vorrei porre al signor Viktor Orban, e al suo portavoce signor Zoltan Kovacs – prosegue Salis – una semplicissima domanda: ma davvero in Ungheria è normale affermare che una persona è un criminale, un delinquente, che ha commesso un reato, prima che sia stata emessa la sentenza da parte di un giudice? Non è ancora terminato nemmeno il primo grado di giudizio, eppure io sono già stata condannata dal signor Orban e dal signor Kovacs, come da moltissimi membri di Fidesz e anche dai Patrioti di altri Paesi, in quella che, per bocca dello stesso primo ministro, è stata definita una democrazia illiberale. Come possono i giudici esaminare con la necessaria obiettività e con la necessaria serenità un imputato che è dipinto come un delinquente, come un nemico pubblico, come un terrorista, perfino da un potere politico che cerca di ottenere una condanna a una pena esemplare? Com’è possibile – conclude – che in queste condizioni si svolga un processo?”.
Accordo Italia-AlbaniaNella plenaria a Strasburgo, Salis parla dell’accordo Italia-Albania sui migranti. “Con la vergognosa operazione in Albania, di coloniale memoria, il governo italiano si è fatto avanguardia di un attacco europeo contro le migrazioni e il diritto – scandisce – Il tentativo, per ora fallito, di esternalizzare la detenzione in un campo di concentramento sul territorio straniero e di accelerare le procedure di valutazione e rimpatrio dei migranti rappresenta una crudele sofferenza e una umiliazione per le persone deportate in alto mare, trattate come umanità sacrificabile”.Per Salis, si tratta di “una prova di assoluta incompetenza, dato che l’illegittimità dell’operazione era evidente fin dall’inizio. E’ una inquietante forzatura da destra del diritto internazionale, che tutela i diritti delle persone in movimento. Normalmente un governo che ha esposto il proprio Paese ad una simile figuraccia internazionale dovrebbe dimettersi, per manifesta incapacità e mancanza di etica. Il Parlamento Europeo dovrebbe prendere le distanze e condannare. L’operazione Albania dovrebbe essere immediatamente interrotta, mentre dobbiamo impegnarci per creare canali sicuri per la migrazione”, conclude. Come aveva già fatto in un’altra occasione, Salis ha rifiutato le ‘blue card’, le domande che le volevano rivolgere altri eurodeputati, tra cui Susanna Ceccardi della Lega.
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