I punti chiaveAscolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaUna commedia nera capace di appassionare fin dal soggetto di partenza: “Gli spiriti dell’isola” di Martin McDonagh, assoluto protagonista del weekend in sala, è uno di quei film in grado di coinvolgere fin dai primissimi minuti. Ambientato nell’Irlanda degli anni Venti del secolo scorso, il film racconta la storia di due uomini, grandissimi amici da tutta la vita, il cui legame rischia di spezzarsi quando uno dei due decide di troncare con l’altro, apparentemente senza alcuna valida ragione. Le conseguenze di questo gesto saranno imprevedibili per entrambi.Scritto dallo stesso regista, Gli spiriti dell’isola pone al centro della narrazione non solo il rapporto tra i due (ex?) amici, ma anche quello tra gli esseri umani e la natura, sfruttando meravigliosamente gli splendidi paesaggi naturali irlandesi dell’isola in cui svolge la vicenda.Loading…“Gli spiriti dell’isola” e gli altri film della settimanaPhotogallery4 fotoVisualizza Il fascino dell’IrlandaIl fascino dell’Irlanda non è però palpabile soltanto per la rappresentazione delle scogliere, dei prati e dei laghi, ma anche per le tradizioni folkloristiche, a partire dalle Banshee del titolo originale (“The Banshees of Inisherin”), creature leggendarie della tradizione irlandese e scozzese, che non si mostrano agli esseri umani con l’eccezione di coloro che sono prossimi alla morte.La metafora della guerraLo scontro tra i due personaggi diventa una metafora della guerra che intanto si sta combattendo sulla terraferma: distante e vicina allo stesso tempo da dove si svolge la vicenda principale, la battaglia – il riferimento è alla Guerra Civile Irlandese – diventa una rappresentazione simbolica della rivalità tra due uomini che avevano un rapporto fraterno e che poi si trovano improvvisamente nemici. Mescolando toni cupi ad altri farseschi, il film passa attraverso vari registri narrativi, riuscendo sempre a mantenere una straordinaria tenuta drammaturgica grazie all’ottima scrittura dello stesso Martin McDonagh, che già si era dimostrato un abile sceneggiatore nel suo lungometraggio precedente “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”. Ottima inoltra la prova di tutto il cast, a partire dai due protagonisti Colin Farrell e Brendan Gleeson, con quest’ultimo perfettamente calato nei panni di un uomo di mezz’età che si trova intrappolato in un’esistenza che non sente più appartenergli.Da evidenziare che il film ha già avuto numerosi riconoscimenti, dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove è stato presentato in anteprima, fino ai Golden Globe e si prepara alla prossima tappa ai premi Oscar: “Gli spiriti dell’isola” ha ricevuto ben nove, meritate candidature e sarà tra i grandi protagonisti della cerimonia più attesa dell’anno.Bussano alla portaTra le uscite più attese c’è anche “Bussano alla porta” di M. Night Shyamalan, uno dei tanti film capaci di parlare della contemporaneità (un altro esempio è il bel documentario “Life Is (Not) a Game”, che riflette sugli anni in cui stiamo vivendo e sulla pandemia, vista attraverso gli occhi della street artist romana Laika).Anche in questo caso, già dalla prima sequenza siamo immersi in un’opera profondamente coinvolgente: la piccola Wen e i suoi due papà, Eric e Andrew, decidono di trascorrere qualche giorno in una casa isolata in mezzo ai boschi, completamente circondati e immersi nella natura. Mentre sta giocando nella foresta, però, Wen si imbatte in un uomo di nome Leonard, che si pone in modo gentile e sembra interessato a parlare con lei. Ben presto arrivano però altre tre persone, che si stanno avvicinando a lei con in mano diversi strumenti e oggetti: i quattro sconosciuti chiederanno alla famiglia di compiere una scelta impensabile per evitare l’apocalisse. Mescolando toni da tragedia greca con diversi elementi della simbologia biblica, Shyamalan firma una pellicola che utilizza archetipi e schemi classici del passato (una casa isolata in un bosco dove arrivano degli sconosciuti minacciosi è un tipico cliché del genere) per parlare delle paure del presente, ragionando sulla minaccia del cambiamento climatico, sui pericoli della tecnologia e persino sul tema della pandemia.Seppur alcuni passaggi risultino troppo didascalici e nel corso della narrazione ci sia qualche spiegazione di troppo (il riferimento esplicito ai Quattro cavalieri dell’Apocalisse si poteva evitare), il film ha però una sua grande forza concettuale e realizzativa, sia per gli spunti di riflessione proposti, sia per un ritmo che tiene altissima la tensione sino alla fine.Il risultato è un prodotto che conferma la bravura di questo regista, di cui – oltre a numerosi lungometraggi riusciti – va ricordata anche la serie “Servant” che quest’anno è giunta alla quarta stagione.