Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaGino Cecchettin ha atteso pazientemente 24 ore per far sedimentare le emozioni e l’indignazione che ha provato nel sentire le parole del difensore di Filippo Turetta pronunciate nell’arringa nell’aula della Corte d’assise di Venezia dove è in corso il processo all’assassino della giovane studentessa Giulia Cechettin. Parole dure quelle del papà di Giulia, inedite per chi, come lui, finora non aveva voluto esprimere valutazioni ma solo auspicato che si facesse giustizia.Umiliata la memoria di Giulia«Mi sono nuovamente sentito offeso, e la memoria di Giulia umiliata», ha scritto Gino Cecchettin in un post sui social. «La difesa di un imputato è un diritto inviolabile – ha scritto Cecchettin – ma credo sia importante mantenersi entro un limite che è dettato dal buon senso e dal rispetto umano. Travalicare questo limite rischia di aumentare il dolore dei familiari della vittima, e di suscitare indignazione in chi assiste». Per Turetta il pm Andrea Petroni ha chiesto l’ergastolo dinanzi alla Corte d’Assise di Venezia dove si celebra il processo. Petroni lo ha chiesto proprio il 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne.Loading…Le parole della difesa di TurettaIl papà di Giulia ha fatto riferimento alle parole che l’avvocato Giuseppe Caruso ha pronunciato martedì 26 novembre per chiedere che non venissero applicate a Turetta le aggravanti che lo porterebbero dritto all’ ergastolo, in particolare quella della premeditazione, come chiesto dal pubblico ministero: «Giulia Cecchettin – ha sostenuto in aula il legale – non aveva paura di Filippo Turetta. Andava da uno psicologo, ma non ci risulta che fosse per la relazione con Filippo. Nessuno dubita che Filippo fosse ossessionato da Giulia ma i tanti messaggi da ’relazione tossica’ non possono essere relativi alla loro relazione prima dell’ottobre 2023». Filippo Turetta, ha detto il legale, «sa che dovrà fare molti anni di galera, ma non è el Chapo, non è Pablo Escobar». Dopo leparole di papà Cecchettin, la replica dei legali di Turetta Caruso e Monica Cornaviera. «Come difensori – hanno commentato interpllato dall’Ansa – siamo assolutamente certi di non aver travalicato in alcun modo i limiti della continenza espressiva, e di non aver mancato di rispetto a nessuno. Abbiamo solo svolto il nostro dovere in uno Stato di diritto».La nonna di Giulia: due, trecento telefonate non sono un atto persecutorio?L’insinuazione sulle cure psicologiche e la presunta “non tossicità” delle attenzioni dell’imputato sono però evidentemente gli elementi che hanno fatto male ai familiari di Giulia. «Due, trecento telefonate al giorno non era un atto persecutorio? Uno non vive, sarebbe da spegnere il cellulare e non riaccenderlo più”, ha detto la nonna di Giulia, Carla Gatto, in tribunale anche nell’udienza di martedì. «Penso sia un’assurdità – ha sottolineato la donna – dire che non ci sia stata premeditazione nel suo omicidio, ha detto (l’avvocato, ndr.) delle parole assurde visto le prove che ci sono e i fatti come sono andati, fa solo male sentire queste parole. Lei è la vittima, non Turetta».25 novembre, Gino Cecchettin: “Ci sono altri 364 giorni per amare e non dare spazio a violenza”Sentenza prevista il 3 dicembreE mentre il processo si avvia verso la conclusione, con la sentenza prevista per l’ultima udienza del 3 dicembre, il tema dei femminicidi e la vicenda di Giulia non smettono di agitare e dividere la società e la politica. A Verona, durante la fiera Job&Orienta, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, è tornato sull’argomento dopo le sue dichiarazioni sul rapporto tra violenza di genere e immigrazione che già avevano scatenato polemiche. «In questo anno – ha detto davanti agli studenti – i femminicidi in Italia compiuti da partner sono scesi del 12%. Riteniamo che questo dato sia anche merito di quella cultura della prevenzione che questo governo, in particolare il ministro per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Maria Roccella, ha avviato». E piuttosto che il patriarcato, per Valditara «è il maschilismo il nostro vero nemico, e deve essere combattuto strenuamente, con la cultura del rispetto». Parole che hanno suscitato la reazione di Valentina Ghio, vicepresidente Pd alla Camera e membro della commissione parlamentare sul femminicidio, secondo cui il governo «in questi due anni non ha messo in campo nessun intervento strutturale su formazione, cultura ed educazione affettiva e sessuale nelle scuole».