L’ingresso dei privati in Ferrovie dello Stato diventa più concreto, un obiettivo dichiarato dal governo Meloni. Da Cernobbio, durante il Forum Ambrosetti, l’ad di FS Stefano Donnarumma, in carica dal 27 giugno, accenna a un progetto di apertura del capitale ai privati. Il nuovo CdA del gruppo definirà il piano entro l’anno, che sarà poi inviato al ministero dell’Economia, l’azionista pubblico, per l’approvazione finale.
Il piano per la vendita di Fs
Si prevede quindi un’apertura del capitale in Ferrovie dello Stato. Il manager sembra pensare a una vendita diretta di azioni a un partner industriale o, più probabilmente, a uno o più fondi finanziari. Donnarumma osserva che l’apertura del capitale ai privati spesso porta, quasi inevitabilmente, a una successiva quotazione in Borsa. Inoltre, Donnarumma sottolinea che Ferrovie non parte da zero. Sulla privatizzazione, dice, “non esiste un mandato affidato al mio ruolo e alla mia persona: esiste uno studio precedente al mio arrivo in azienda. Studio che nelle prossime settimane rielaborerò con i miei colleghi per adattarlo alle mie previsioni strategiche”. A decidere, poi, sarà il Tesoro.
Prima di Donnarumma, ad del gruppo era Luigi Ferraris, che infatti aveva già scritto un Piano per la privatizzazione che non sarà certo buttato nel cestino. Ferraris aveva suggerito di creare un incentivo per attrarre investimenti privati, chiamato Rab (Regulatory Asset Base). Il Rab offre una sorta di garanzia ai privati (soci industriali, fondi finanziari) che investono in un’azienda pubblica come FS, assicurando un “tasso di rendimento” certo. Questo tasso, determinato dall’Autorità dei Trasporti, garantisce una remunerazione in linea con investimenti in settori simili.
Il Rab è particolarmente utile per aziende di grande rilevanza sociale come Ferrovie, che gestiscono infrastrutture strategiche esclusive, come la rete ferroviaria. È un modello già utilizzato in Terna, da cui proviene Donnarumma.
Le aziende pubbliche pronte a essere vendute
Del resto Giorgia Meloni lo aveva detto: “La mia idea è ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria e riaffermarla dove lo è”, aveva affermato a gennaio di quest’anno.
Il governo concentra le sue attenzioni su due principali asset: Poste e Ferrovie dello Stato. Per il primo, il Ministero dell’Economia detiene il 65% delle quote, direttamente e attraverso Cassa depositi e prestiti. Per il secondo, invece, lo Stato possiede il 100% delle quote di Trenitalia tramite Ferrovie dello Stato Italiane, un ente totalmente pubblico.
Donnarumma riconosce che l’apertura di FS ai privati è complessa e potrebbe richiedere fino a due anni. Nel documento strategico Nadef di settembre 2023, il governo prevedeva di raccogliere fino a 20 miliardi dalle privatizzazioni, con stime informali che suggerivano ricavi fino a 6,7 miliardi dalla vendita del 49% di FS e del 30% di Poste.
Ulitrasporti contrari: “Daremo battaglia per la tutela dei diritti dei lavoratori”
“Il sistema ferroviario italiano rappresenta un asset fondamentale del servizio pubblico e dunque non può e non deve essere svenduto”. Così in una nota il Segretario Generale Marco Verzari e il Segretario Nazionale Roberto Napoleoni della Uiltrasporti, commentano le notizie di stampa riguardanti la volontà del Governo e del Gruppo Fs di avviare un processo di privatizzazione di Ferrovie dello Stato.
“Qualora si concretizzasse tale scellerata scelta – concludono Verzari e Napoleoni – saremmo pronti ad opporci con ogni mezzo legittimo a nostra disposizione per il bene del Paese, della mobilità di tutte le persone, e soprattutto delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno invece bisogno con urgenza di maggiori tutele per la loro salute e sicurezza, di azioni concrete contro le aggressioni nei confronti del personale e di un rinnovo contrattuale che oltre al giusto adeguamento salariale, dovrà assicurare tutte le necessarie tutele normative.