Il 60% degli elettori del Lazio e della Lombardia non è andato a votare. Perché? Tre sono le teorie che giustificano una tendenza galoppante nel nostro Paese, l’astensionismo: “Non si vota per impossibilità di andare alle urne; non si vota perché non si vuole votare; non si vota perché i partiti sono una realtà lontana, priva di rete sociale, che non incontra e non si interfaccia con i cittadini”. Ne parla con l’Adnkronos il politologo Gianfranco Pasquino, professore di Scienza Politica all’Università di Bologna.
“La prima teoria – spiega Pasquino – riguarda chi dice di non potere votare perché impossibilitato ad andare alle urne, quindi l’anziano, lo studente Erasmus, l’imprenditore che lavora all’estero; la seconda riguarda chi afferma ‘non voto perché non voglio: siete tutti uguali, inconcludenti, mediocri’ e sceglie di non votare ad una specifica elezione, o è astensionista cronico, cioè che non ha mai votato. Ed infine c’è la categoria che lamenta: ‘nessuno mi ha chiesto il voto e fatto una proposta, messo un volantino nella buca delle lettere’. Fatto che avviene perché non ci sono più i grandi partiti che mantengono viva la rete sociale sul territorio. In Italia – sottolinea il politologo – la hanno ereditata solo FdI ed il Pd, con i suoi punti di debolezza”.Come si scardina la tendenza al non voto? “Con un intervento politico: sul territorio attraverso i cosidetti leader naturali, il commerciante il professore….; e con il voto online, che, favorendo il voto da casa, farebbe risalire le percentuali di partecipazione di almeno 10-15 punti percentuali”. Il voto obbligatorio potrebbe essere un deterrente? “Non sono a favore del voto obbligatorio, perché è importante la libertà di scelta – risponde Pasquino – Ma va ricordato l’articolo 48 della Costituzione secondo cui il suo esercizio è un dovere civico”. (di Roberta Lanzara)