Il primo lo feci per Fabrizio Clerici, quando ancora “architetto” arredava le case, quando la nobile “pigrizia” gli fece abbandonare il tecnigrafo per il pennello.Di uno ho fatto una stanza: è lungo 16 metri e, ripiegato a 4 per 4, forma le pareti della stanza metafisica pensata come luogo di meditazione.Altri li ho fatti piccoli, 130 per 140 cm., per nascondere le tavole quando si imbandiscono o si sparecchiano; montati su ruote, si ripiegano facilmente.Ne ho fatti a motivi senza fine, ma perlopiù essi sono un modo per permettermi di raccontare certi miei sogni.Una città con montagne e villaggi, tutta di carte da gioco, coi personaggi che se ne vanno a spasso e che ci rimirano dalle finestre; un cielo notturno col suo prezioso blu, raffina l’immaginazione in modo che il sogno rimanga oggetto, sia un mobile.