La Turchia il primo Paese a ratificarla, per poi revocarlaIl 12 marzo 2012 la Turchia è diventata il primo paese a ratificare la Convenzione. Nove anni dopo la ratifica, però, il 20 marzo 2021, la Turchia ha revocato la propria partecipazione alla convenzione, con un decreto firmato dal presidente Erdoğan. Alcuni Paesi firmatari hanno tardato a ratificare la Convenzione, come per esempio la Moldavia, che aveva firmato il 6 febbraio 2017 e ha ratificato il 20 ottobre 2021I numeri dell’approvazione in ItaliaIn Italia dopo l’approvazione unanime del testo di ratifica alla Camera il 28 maggio 2013, il Senato il 19 giugno 2013 ha votato sì al documento con 274 voti favorevoli e un solo astenuto. Si tratta di Roberto Calderoli, all’epoca vicepresidente del Senato, eletto nelle liste della Lega nord e autonomie nella XVII legislatura. Contestualmente alla firma, l’Italia ha depositato presso il Consiglio d’Europa una nota a verbale nella quale ha dichiarato che «applicherà la Convenzione nel rispetto dei principi e delle previsioni costituzionali».L’installazione artistica sul cancello della stazione di Porta S.Paolo organizzata dall’associazione “Tango Solidale delle Scarpe Rosse” in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, durante l’emergenza Covid-19. (Ansa/Massimo Percossi)L’obiettivo della convenzione: eliminare pregiudizi e stereotipiL’obiettivo della Convenzione è quello di «promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini».Le misure di tutela delle vittimeIl testo indica, in 81 punti, le misure destinate a tutelare i diritti delle vittime. La vittima deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sul censo, sulla nascita, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sull’età, sulle condizioni di salute, sulla disabilità, sullo status matrimoniale, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualunque altra condizione. La Convenzione impone agli Stati aderenti di punire, con conseguente risarcimento dei danni, una serie di comportamenti di violenza nei confronti delle donne, dallo stalking alla violenza fisica, dallo stupro al matrimonio forzato, dalle mutilazioni genitali all’aborto o alla sterilizzazione forzati, fino alle molestie sessuali. Per uscire dal silenzio fondamentale anche il ruolo di scuole e università per veicolare messaggi volti a educare e sensibilizzare al tema.Un minuto di “rumore” all’Università di Padova per Giulia CecchettinLa vicepresidente Jourová: è la risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne«La violenza sulle donne – ha osservato Vera Jourová, vicepresidente della Commissione europea, responsabile del coordinamento delle politiche su valori e trasparenza – è una censura delle società democratiche. Una donna su tre al di sopra dei 15 anni ha subito violenze fisiche o sessuali. Molte non lo denunciano. Molti aggressori rimangono impuniti. Dobbiamo agire e la Convenzione di Istanbul è la nostra risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne. Continueremo a incoraggiare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per prevenire la violenza sulle donne e per garantire protezione e sostegno efficaci a tutte le vittime».