(di Paolo Levi)
Parigi esplora l’Odissea umana
delle migrazioni. Mentre nelle acque del Mar Mediterraneo e
della Manica continuano a consumarsi tragedie e in Italia si
discute del decreto flussi, il Musée de l’Homme di Parigi dedica
una importante mostra al tema delle migrazioni.
“Migrations. Une Odyssée Humaine’, questo il titolo
dell’esposizione in programma fino a giugno 2025 nel grande
spazio espositivo affacciato sulla Tour Eiffel. Lungo il
percorso, tanti oggetti raccontano l’umanità in cammino
attraverso i millenni: dal poster del film ‘The Immigrant’ di
Charlie Chaplin, fino a gilet di salvataggio o un dente antico
di 54.000 anni. Ma anche un ‘migration globe’ dell’artista
italiano, Pietro Ruffo, realizzato per la mostra.
“Dinanzi ai dibattiti incandescenti su questa questione
divenuta bruciante nell’attualità politica, desideriamo
riposizionare il fatto migratorio su scala planetaria, nel lungo
termine”, spiega la direttrice del Musée de l’Homme, Aurélie
Clemente-Ruiz, nel preambolo dell’esposizione dal ricco apparato
pedagogico. Frutto di due anni di lavoro, ‘Migrations. Une
Odyssée Humaine’ tenta di smontare – dati e cifre alla mano –
luoghi comuni e pregiudizi intorno ai migranti di ogni epoca o
provenienza, con l’intento di ridimensionare le angosce spesso
irrazionali legate a chi non proviene dal nostro stesso luogo di
nascita. Per farlo, il comitato scientifico incaricato di
preparare la mostra è ricorso ad una decina di discipline:
dall’antropologia alla genetica, dall’archeologia alla
demografia, dal diritto alla geografia: il tutto corredato da
cifre e dati.
“Migrante, immigrato, rifugiato, sans-papier, expat…”
Attraverso estratti di film, documenti, vignette satiriche,
l’esposizione si apre con le ”parole della migrazione”,
dimostrando quanto la percezione dello ‘straniero’ sia spesso
conseguenza di costruzioni sociali e culturali alimentate
dall’immaginario e dalle paure insite in ciascuno di noi. Siano
essi polacchi, cinesi, spagnoli, italiani o africani, gli
immigrati vengono di volta in volta stigmatizzati dalle stesse
accuse: pigri, sporchi, incapaci di adattarsi, “ladri” del
lavoro altrui. Come un’immutabile litania, attraverso lo spazio
ed il tempo. “Lungi dall’essere eccezionale, la migrazione
esiste dall’avvento, 300.000 anni fa, dell’Homo Sapiens sul
continente africano”, sottolinea Christine Verna,
paleoantropologa incaricata dell’ultima parte della mostra
conscrata alle Origini dell’umanità.
L’esposizione al Palais de Chaillot – l’edificio Anni Trenta
sede del Musée de l’Homme sul piazzale del Trocadéro – si ispira
ad un recente Manifesto pubblicato dal Muséum National
d’Histoire Naturelle, secondo cui “tutte le specie migrano,
siano esse vegetali, animali o umane’, per diversi motivi”,
recita il testo del 2018. Parole che trovano una quasi ideale
raffigurazione nel ‘Migration globe’ di Pietro Ruffo esposto a
Parigi. Sulle sue mappe e mappamondi, l’artista classe 1978 in
questi giorni in mostra anche al Palazzo delle Esposizioni a
Roma (‘L’Ultimo meraviglioso minuto’, fino al 16 febbraio 2025)
disegna minuziosamente, con l’immancabile penna biro, scene di
migrazioni antiche o contemporanee, in un mondo senza frontiere:
uccelli migratori sorvolano gli spazi. Fragili ritagli di carta
sembrano ricordare la vulnerabilità dei viventi, in un pianeta
in perpetuo movimento. Le migrazioni, una storia antica quanto
il mondo. Fino all’8 giugno al Musée de l’Homme.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA